Aldo Mondino Scultore

dal 19 Settembre 2010 al 12 Dicembre 2010
Per la prima volta l'esposizione ripercorre, attraverso trenta sculture, la carriera plastica di uno dei più significativi artisti italiani del dopoguerra.

La mostra, curata da Valerio Dehò e promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Pietrasanta in collaborazione con l'Archivio Mondino, presenterà trenta grandi opere realizzate dall'artista torinese, dagli anni Sessanta fino a oggi, in grado non solo di rivisitare il suo lavoro da una prospettiva tridimensionale, quanto di mettere in luce anche i sottili meccanismi della sua poetica.

Personalità eclettica, sempre aperta alle sperimentazioni di originali forme espressive e di nuovi materiali, Mondino ha spaziato dal collage alla pittura, dall'installazione alla scultura. In particolare, questa attività ha rappresentato una costante di tutto il suo lavoro. Mondino ha sempre cercato delle soluzioni plastiche anche nelle esecuzioni dei temi pittorici, ricercando una visione tridimensionale anche quando ha affrontato tematiche più strettamente connesse alla pratica della pittura.

La mostra vuole per la prima volta ripercorrere questo percorso proprio per mettere in evidenza come Mondino riuscisse a unire la visione organica e gestuale del dipingere, a quella legata ai volumi, al rapporto costante delle opere con l'ambiente e lo spazio espositivo. Già negli anni Sessanta, ad esempio, nella serie Informale univa alla pittura dei palloncini di plastica che davano rilievo alla composizione; oppure nel ciclo dedicato a Felice Casorati accanto ai "quadri a quadretti" comparivano oggetti (zerbini, tende) in cui si ripeteva ossessivamente l'icona della Maternità dello stesso Casorati.

Va sottolineato come lo stesso Mondino abbia affermato di essere giunto alla pittura, agli inizi degli anni Sessanta, dopo aver realizzato dei lavori in cui comparivano anche gli animali, come in Gravere del 1967 (composto da oltre un centinaio di aringhe affumicate appese ad essiccare) e in Ittiodrom, presentato nel 1969 all'Arco d'Alibert di Roma, in assemblò dei pesci con del sangue.

Nel proseguo della sua attività, Mondino ha sempre praticato la scultura direttamente o attraverso una visione spesso plastica della pittura stessa. Celebri sono le sue serie di sculture in cioccolato o le installazioni realizzate con lo zucchero di canna (Muro del pianto) o con le confezioni di torrone (Torre di torrone, 1968).

Sono celebri le sue contaminazioni tra la scultura di Giacometti e Degas, suoi punti di riferimento artistico, in cui, ancora una volta, la forma del pesce è alle volte posta su due lunghissime gambe di giacomettiana memoria, altre su gambe delle ballerine di Degas.
Sono inoltre famosi i suoi calambour in cui per esempio una macchina da cucire Singer cavalcata da una scimmia, diventa una scultura denominata Singe (ovvero, "scimmia" in francese) o ancora la Mamma di Boccioni, più che un omaggio al grande futurista, diventa un equivoco attorno ai grandi seni della progenitrice, costituiti da due palle da bowling.
Molte sono state le sue creazioni in cui l'elemento tridimensionale ha una sua preminenza: i lampadari in ferro e penne Bic chiamati Jugen Stilo della Biennale del 1993 (Sala personale) o gli stessi tappeti realizzati in Eraclit, con un effetto illusionistico, sono alcuni momenti di un attività creativa unica e di una capacità di sintetizzare delle bellissime idee in realizzazioni artistiche memorabili.
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